Cantucci o cantuccini? L’ammiraglia della biscotteria toscana
Cantucci o cantuccini? L’ammiraglia della biscotteria toscana
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Maledetti Toscani Sì, perché in Toscana, magari cordialmente, ma ci si odia… L’esempio più famoso di “odio” è probabilmente quello tra le contrade di Siena. Un “odio” selettivo, quello toscano: perché se si odia il (quasi) vicino di casa quando è il concorrente diretto per la conquista del palio (il palio senese è il più famoso, ma assolutamente non l’unico della Toscana), questo odio viene meno quando si tratta di prendere in giro non i concittadini avversari, ma il paese, il borgo, la città accanto. Così Firenze e Siena “si odiano”, Pisa e Livorno “si odiano” e così via. Lo spirito dei Maledetti Toscani, però, non manca certo di onestà intellettuale: che si tratti del palio o di qualsiasi altra competizione (e quando la competizione non c’è magari la si inventa, per far dispetto al “cugino” del paese accanto), al vincitore va l’onore delle armi. Ecco: se ci fosse un palio per i biscotti toscani, quel palio lo vincerebbero i Cantucci di Prato. Trecento anni di biscotti pratesi Ovviamente la Toscana non è solo patria di biscotti. È o non è, la Toscana, la Culla del Rinascimento”? In quella culla venne fondata nella seconda metà del ’500 l’Accademia della Crusca, che ancora oggi è dedita allo studio e alla salvaguardia della lingua Italiana. Ebbene: il cantuccio era già così importante da divenire nel 1691 una voce del Dizionario dell’Accademia della Crusca. E come tutte le cose che vengono bene da subito, leggendone la definizione lo riconosciamo, anche dopo oltre trecento anni: "biscotto a fette, di fior di farina, con zucchero e chiara d'uovo". Che cosa manca? Soltanto le mandorle. Una aggiunta “da ricchi”, probabilmente dovuta a Caterina de’ Medici. Un’aggiunta che avrebbe dato a un biscotto relativamente semplice quel qualcosa in più che somiglia al raggiungimento della perfezione. Sì, perché se nella versione “povera” (o in quella comunque più “popolare”, quella che nonne e bisnonne di campagna andavano a preparare al forno di paese, prenotandolo per cuocere la scorta di cantucci per la famiglia) la mandorla è un accessorio; è la mandorla a dare al cantuccio (o al cantuccino, nella forma ormai decisamente più popolare e più piccola, tra la metà e un terzo del cantuccio “campagnolo”) quell’equilibrio perfetto, tra il dolce e la nota amarognola, che viene codificato nel XIX Secolo da Antonio Mattei e che al Mattei valse addirittura una menzione speciale alla Esposizione Universale di Parigi del 1867. Un equilibrio perfetto che trovate ad aspettarvi sui nostri scaffali: perché sì, noi toscani siamo campanilisti ma chi si sogna di fare a meno dei cantuccini solo perché sono dei “cugini” pratesi? ;-) L’annegamento del Cantuccio… Il cantuccino rappresenta quindi un ottimo modo di concludere una cena toscana, una cena che esalta il territorio, anzi “i” territori toscani e i loro sapori. Del resto ogni “campanile” ha la sua cucina, la sua nicchia di eccellenze enogastronomiche: così, per esaltare le doti del cantuccino, se state visitando Firenze o avete appena visitato una delle città più belle del mondo, portando con voi sulla via del ritorno i cantucci, non resta da fare altro che accompagnarli con un Vin Santo, o magari con un Aleatico elbano. E se non si è dell’umore giusto per la meditazione, o semplicemente perché l’occasione è una bella serata tra amici, non siamo troppo timidi e “uccidiamo” il cantuccino nel modo migliore: inzuppandolo, pucciandolo come si dice fuori dalla Toscana, direttamente nel vino!